/* carousel */

Care Ladies! Inizio la settimana raccontandovi alcune parti di un libro che ho letto con grande interesse e piacere: “La Lingua Geniale” di Andrea Marcolongo.

Solitamente i libri capitano nella mia vita quasi per caso… E anche questo libro mi ha raggiunta e conquistata in men che non si dica.

Frequento una piccola libreria vicino casa. Il proprietario è un signore d’altri tempi, appassionato del suo lavoro, non potrebbe essere altrimenti, e ogni volta che varco la soglia della sua libreria mi accoglie con un sorriso, cosi raro da trovare oggigiorno.

Cosi è stato quando un mese fa sono entrata in libreria per farmi consigliare un libro.

Sono felice che quel giorno mi abbia condotta, senza appuntamento come le cose belle che accadono nella vita, a conoscere un libro che mi ha entusiasmata e catturata.

La lingua geniale di cui parla la scrittrice Andrea Marcolongo è il greco che, con raffinata eleganza, ci racconta in questo magnifico libro.

“Capire il greco non è questione di talento, ma di militanza – come nella vita.” – sottolinea l’autrice.

Il libro non si rivolge a chi ha studiato il greco, ma a tutti coloro che vogliono toccare, almeno per una volta, una lingua che ci apre a nuovi modi di pensare il mondo e la nostra vita.

Dunque, vorrei rendervi partecipi di alcune parti del libro che hanno attratto maggiormente la mia attenzione, e di alcune particolarità di una lingua magnifica ed elegante. I miei commenti alle frasi sottolineate nel libro, saranno veloci e fulminei, per lasciare a voi le giuste considerazioni, per suscitare in voi la curiosità di leggerlo…

Premesso che viviamo in un momento storico dove tutti siamo connessi a qualcosa invece che a qualcuno, in cui le parole non contano più sostituite dagli emoji, in sostanza non ci capiamo più.

La lingua cade, di conseguenza, in disuso, e quel gesto cosi affascinante di scrivere una lettera, con carta e penna, indirizzata a chi abbiamo nel cuore, diventa un atto di una tale rarità che è destinato a far parte della nostalgia del passato.

“I Greci si esprimevano in un modo che considerava l’effetto delle azioni sui parlanti. Loro, liberi, si chiedevano sempre come. Noi prigionieri, ci chiediamo sempre quando. Non il troppo tardi o il troppo presto delle cose, ma come avvengono le cose. Non il momento delle cose, ma lo sviluppo delle cose”.

Noi schiavi del tempo riusciremo mai a porre la nostra attenzione a come si svolge l’azione invece che quando?

“Cosa accade se hai visto e quindi ora sai, se hai avuto fiducia e quindi ora credi, se hai scritto e quindi la pagina bianca è ora piena di parole. Se sei partito e sei arrivato – non importa quando, ora sei qui”.

Difficile da comprendere, lo so. Difficile pensare senza tempo, il tempo non esiste, esiste la fine da ogni inizio e l’inizio da ogni fine. Il tema dell’aoristo parla proprio di questo…

“Il tema dell’aoristo, il tempo indefinito. Senza limiti, senza inizio né fine. L’azione è puntuale e irripetibile, astratta da ogni tempo, il parlante non si pone nessuna domanda rispetto a essa. L’aoristo ha in sé qualcosa di spettacolare e di struggente: la certezza di averlo perduto per sempre… La stranezza della nostalgia delle cose che non si sono vissute e che non si vivranno mai”.

“Dal vedere per capire tutto ciò che accade tra ogni inizio ed ogni fine si è passati allo schema passato presente futuro. Dal come si è passati al quando. E dalla fine dell’aspetto è iniziata la prigione del tempo e della memoria appiccicosa, capricciosa. Per noi linguisticamente si è fatto troppo tardi, troppo tardi, e troppo tempo è passato, e ora l’aspetto delle cose non lo sentiamo più né più lo sappiamo esprimere grammaticalmente nella nostra lingua. Dobbiamo quindi sforzarci di trovare un altro modo per dire quel particolare senso di soddisfazione o di realizzazione, di mancanza o di desiderio, che preserva ogni individuo dal potere distruttore o conservatore del tempo. Come quel fiore piccolo, nontiscordardimé”.

É un’esortazione a staccarci dal tempo, da quell’orologio che scandisce ogni momento della nostra giornata. Proviamo a pensare al come non al quando… proviamoci, almeno una volta.