“Bisogna abbandonare le cose che ci abbandonano” Baltasar Gracian
Care Ladies vi cito questa frase, del filosofo gesuita Baltasar Gracian, per parlarvi di abbandono.
Una parola che, nello stesso tempo in cui la pronuncio, mi mette ansia.
Penso all’abbandono di un figlio, all’abbandono di un genitore, all’abbandono di un amore, all’abbandono di un animale, all’abbandono di un progetto, all’abbandono di una casa, all’abbandono della vita…
La parola abbandono ha in sé qualcosa di negativo, di angosciante, che non fa presagire niente di buono.
Ma se questa parola avesse anche un risvolto positivo?
Chi di noi non ha subito un abbandono? Soprattutto quando si parla di sentimenti!
In amore essere vittima o carnefice sono due posizioni talmente vicine e intercambiabili che, a volte, non ne percepiamo la differenza.
Io stessa ho abbandonato amori che, con il senno di poi, avrei dovuto conservare e probabilmente avrebbero fatto di me una persona migliore.
Poi sono stata abbandonata e la sensazione, molte di voi lo sapranno, è di vuoto, di perdita, di completa disperazione.
A distanza di anni, quell’abbandono subito si è rivelato la miglior cosa che mi potesse capitare.
Se non avessi accettato quell’abbandono avrei fatto il peggior errore della mia vita.
Attraverso quell’esperienza sono maturata, ho imparato a camminare con le mie gambe, a fidarmi del mio istinto, ad assaporare la libertà, a vivere il mio tempo con la consapevolezza che io sono il regista della mia vita e, solo io, posso decidere il corso degli eventi. Senza imposizioni o influenze esterne.
Quell’amore che credevo l’amore più grande della mia vita si era dimostrato, con il tempo, una vera e propria prigione.
Il fatto di averlo abbandonato quando ero già stata abbandonata, ha dato alla mia vita l’opportunità di cambiare rotta, di sperimentare la solitudine, di contare solo sulle mie forze, di essere padrona del mio destino.
Ci sono persone importanti che dobbiamo tagliare quando ci portano nel buco nero.
A quell’amore malato davo sempre una chance, nel bene e, soprattutto, nel male.
Era diventato una vera e propria sofferenza, ma volevo a tutti i costi mantenerlo in vita anche se mi rendevo conto che di amore c’era ben poco, che quel sentimento “anomalo” era solo frutto della mia immaginazione.
L’idealizzazione di quell’amore mi aveva completamente distaccata dalla realtà, vivevo in un mondo parallelo.
Io amo la luce e quell’amore era ombra, era buio.
Mi ero persa, avevo in un certo senso abbandonato tutto ciò che ero per dedicarmi anima e corpo a quell’unico sentimento. Quel “desiderio della psiche di perdersi per poi ritrovarsi”.
Oggi, quella perdita di controllo della mia vita é una situazione che non mi riguarda più. L’amour fou? Ne ero capace, ora non più.
Nella mia vita le priorità sono i figli, il mio benessere, i miei animali, le amicizie.
Da quel giorno, in cui ho deciso di essere abbandonata, non dimentico mai di prendermi cura della mia bambina interiore.
La vita è uno stato d’animo, è il saper sapientemente e saggiamente combinare quello che siamo con quello che vorremmo essere. Al di là dell’età, della provenienza, dell’aspetto fisico, dello stato sociale…
Ognuno di noi hai il diritto e il dovere di ESSERE.
Abbandonare stereotipi e credenze che fin da piccoli ci hanno condizionati è aprirsi a vie di crescita tanto faticose quanto entusiasmanti.
Siete dunque pronte all’abbandono?