/* carousel */

INTERVISTA AL MARE 

di Gaetano Sansone, maestro, amico, poeta…..

Il mare era appoggiato al banco della taverna, impermeabile nerolucido, una bottiglia e un bicchiere di vino rosso davanti ai suoi occhi verdi.

Mi avvicinai facendo segno all’operatore di rimanere indietro, ero un po’ nervoso per l’intervista.

“Lo sa – mi disse quando fui abbastanza vicino da farmi risaccare dalla sua  voce – bere vino mi fa uno strano effetto….”

“Non è il solo”, mantenni il tono neutro e benevolo da primo incontro.

“Già, ma vede – continuò il mare – io non posso ubriacarmi, non basterebbero tutte le vigne del mondo…no, è che…è come… – le parole ondeggiavano e si arenavano nella sua bocca – è come un bambino.” Sorrise contento e bevve un sorso, i lunghi capelli gli finirono nel bicchiere, ma lui non ci fece caso.

“Come un bambino?”

“Già, glielo avevo detto che lei non avrebbe capito. E’ esattamente come mettersi un bambino in pancia. A lei non è mai successo, vero? Io ne ho avuti molti di bambini, tra le correnti e gli scogli.”

Mi ero già perso un pezzo d’intervista e feci cenno all’operatore di avvicinarsi.

Il mare si accorse del mio gesto e lentamente prese la bottiglia.

“Non qui, al tavolo, saremo più comodi.”

Mi sedetti davanti a lui mentre l’operatore sistemava la macchina. Fissai il mare. Non riuscivo a capire la sua età.

“E chi la conosce?” – pareva avermi letto nel pensiero – “Dentro esistiamo da sempre, non è così anche per lei?”

“Questa è la fregatura “ concordai.

Mi guardò negli occhi per la prima volta e sorrise. L’ombra scura di un orca apparve tra i suoi denti.

“Allora cosa vuole sapere?”

Avevo una bella lista di domande preparate, ma in quel momento le cancellai.

Rimasi zitto.

Avrei dovuto sentirmi imbarazzato per questa mancanza di professionalità, ma in verità qualche ignota corrente sottomarina mi suggeriva che forse questa era la tattica migliore. 

Ci fu una lunga pausa. Il mare riprese il filo : “ Va bene, la bonaccia è sempre piacevole”.

Mi voltai nella sua direzione, tentando di cogliere il colpo di vento: “ La bonaccia – dissi – mi parli di questo.”

“Lei cerca di navigare secondo la corrente… – parve considerare la faccenda – non è del tutto male…- c’era ora nel suo tono un gorgoglio come di bestia che venga scossa malamente dal suo sogno – la bonaccia, vuole sapere dunque, bene allora mi creda: la bonaccia non esiste…aspetti, non m’interrompa, gliel’ho detto, è difficile da spiegare, beva, mi faccia il piacere, beva…allora vediamo, lei ora come si sente?”

“Bene”

“Bene!” Improvvisamente la sua voce si alzò, abbattendosi sul resto della taverna. “ Questo ‘bene’ di cui lei mi parla, che lei sente, direbbe che è bonaccia?”

“Mah, non saprei, non pensavo di essere io l’intervistato.”

“Voi credete che io cambi, dite: ‘mare in tempesta, mare piatto, mare limpido, ma io non ho tutti questi attributi. L’unica differenza è che io sono grande, capisce, grande.”

“Non sono del tutto sicuro di afferrare…”

“Se lei potesse vedersi dentro, come io sempre mi vedo, lei potrebbe capire: ora, proprio ora, mentre lei sta bevendo questo vino una parte di lei è in tempesta, un’altra parte è ferma, una muore e una sorge, una scorre e un’altra ascolta…ma c’è qualcosa che non appartiene a nessuna goccia.”

“ E cos’è?”

“Voi dite: ‘mare’. Per me va bene così.”

Mi mossi a disagio, l’intervista procedeva malissimo. Il mare era troppo forte.

Mi accorsi che l’operatore mi faceva cenno di affrettarmi a guardare il mare, lo feci, aveva gli occhi chiusi. Dormiva?

“ Ad esempio le lune…” soffiò le parole appena un grado sopra il silenzio

“ Vuol dire la luna”

“No, le lune, una luna per ogni onda.. – aprì gli occhi, ora parevano molto più grandi, due piccoli gorghi – 

“In una luna una ragazza nuotava, in un’altra presi una nave, in un’altra un sasso mi attraversò fino a scoppiare sul fondo, tutto nello stesso momento, legno che marcisce, un filo di petrolio che rubo sul collo di uno scoglio, mi perquisisce un cormorano, un endoprotto sprofonda nel plancton, bacio la poppa di una barca, accolgo lo sputo di un marinaio, mi orina uno squalo, vedo in trasparenza un pulcinella impaurito sul suo promontorio di paura, mi sollevo e mi abbasso, nel sedimento di una roccia si aprono incalcolabili uova…”

“ Si, si va bene, è tutto sincronico, capisco”

“Sincronico?”

“ E’ un modo di dire…”

“Beva il suo vino”

All’apparenza era vino, ma stranamente il gusto si faceva sempre più salmastro.

Iniziavo a sentirmi confuso. Dovevo seguire un filo, ma che filo? 

A quel punto, non so perché, iniziai a tremare…ma mi feci forza e tentai di riprendere l’intervista….cosa dovevo chiedere? 

“beva il vino”

Bevvi . Mi girava la testa.

 “Così…”- e  mi sentii da qualcosa di umido sotto il tavolo. Mi chinai e persi l’equilibrio scivolando giù. 

Il mare venne a prendermi, venne a prendermi sotto il tavolo e con gli ultimi pensieri mi chiesi perché l’avessi visto come un uomo: la voce e i capelli tutti mi bagnarono le braccia e poi, velocemente,  il corpo s’inabissò.

“Glù, glù” fece l’operatore, salutandomi.