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Care Ladies! Ricevo tanti vostri messaggi e scherzosamente mi chiedete se sono una fashion blogger, una web influencer, una web writer… Poi c’è chi mi chiama Lady e non più Bianca, e posso dirvi che la cosa non mi dispiace affatto. Vuol dire che il blog mi rappresenta in pieno, e di questo non potrei essere più felice. Ma torniamo all’argomento che vorrei affrontare oggi. Già in un mio precedente articolo vi ho raccontato della mia passione per lo scrivere. Una passione che si rafforza giorno dopo giorno. A volte impegnata in altri fronti non trovo il tempo per aggiornare il blog, e vi confesso che mi sento un po’ in colpa. Il blog per me rappresenta un diario. Avete presente quei meravigliosi diari che custodivamo nello zaino al liceo? Dove dentro c’erano tutti i nostri segreti, le nostre ansie, i nostri successi, le nostre sconfitte…la nostra vita. Il blog Lady Cipria è come un diario, che invece di tenere segreto o chiuso in uno zaino, mi piace condividere con voi. Alcuni mesi fa ho avuto uno scontro/incontro con una giornalista che accusava le blogger di definirsi giornaliste quando, in realtà, non possiamo considerarci tali, perché non possediamo alcun requisito. Onestamente non mi sono mai definita una giornalista e credo nessuna blogger aspiri ad esserlo. Ciò che ci piace fare è raccontare le nostre giornate. Grazie al web invece di scrivere solo per piacere personale, o per pochi intimi, condividiamo in rete quello che ci accade. Siamo libere di scrivere e lo possiamo fare in qualsiasi momento. Ma non è solo questa l’accusa, o in un certo qual modo la critica che più spesso ci viene mossa. C’è anche chi ti definisce blogger o influencer a seconda di quanti like ricevi. Partiamo dal presupposto che non ho mai ritenuto i like un fattore di successo. Per quale motivo dovrei sentirmi più importante se ricevo 100 like piuttosto che 50? Non scrivo un articolo o pubblico una foto solo per raccogliere centinaia di like. A volte il consenso del pubblico è più ampio, a volte meno, ma non per questo cambio il mio modo di essere. Si sa che quelli della mia generazione non sono molto social e i cuoricini pigiati non rappresentano una priorità. Non ho comunque alcuna intenzione di perpetrare una sorta di “prostituzione intellettuale” modificando il mio modo di agire e pensare in nome del dio like. Siamo coscienti che i social dovrebbero essere un nostro strumento di comunicazione? E non il contrario?