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Insieme ad Elisabetta, la nostra globetrotter, oggi andiamo in…. Andalusia. Più che una terra una “passione”  E’ stato un poeta arabo-andaluso a comparare il giglio a un castello merlato. E un altro ancora a paragonare il prosaico carciofo a una “vergine greca protetta da un velo di lance”. Ogni cosa, ogni oggetto, ogni immagine, in Andalusia assume un valore lirico-simbolico. Il giardiniere andaluso è prima di tutto un poeta. Non sistema i fiori secondo i più tradizionali dettami scientifici, ma li colloca, li dispone, secondo il suo ideale di magnificenza, e gli dà nomi che richiedono una partecipazione incredibile: “strappacuore”, “damerino”, “solcaoceani”. Perché “non sono le opere artistiche- scriveva Julian Marias, il famoso filosofo spagnolo scomparso nel 2005 – ma le forme della vita quotidiana a contare in Andalusia”. L’ideale estetico andaluso è sottile, impalpabile. Forme che volano opposte alle forme che pesano nelle espressioni lievi, quasi prive di gravità della loro arte che trascende i limiti concreti della materia per mutarsi in spirito. Un gaspacho di culture e stili che non identifica un popolo ma una passione. Questo popolo è un figlio privilegiato di un fecondo incrocio di razze e culture che ne ha fatto un po’ dei narcisisti che si crogiolano tra drammaticità e senso dell’humor. Sintetizzata bene nella strofa di un cante Jondo (l’antenato del flamenco) che recita “Io non voglio più mangiare perché mi sostenta la radice dell’amare”. Siviglia rossa come una fiamma, vibrante come il flamenco è il capoluogo ma soprattutto è l’anima della regione e l’incarnazione del famoso modo di vivere andaluso. L’Alcazar dalla splendida architettura moresca, la torre della Giralda e la meravigliosa cattedrale gotica – unitamente alle festose abitudini popolari conquistano facilmente il visitatore. Siviglia è animata da più di cento piazze, e ognuna di esse ha la sua luce particolare, i suoi fiori, le sue finestre, i suoi angoli segreti. Le bungavilee sono enormi, spuntano dai muri all’improvviso con quel loro colore viola vivido e si tuffano dentro a vie e patii giocando con il bianco delle pareti. A Siviglia l’avventura, la magia, il nomadismo nel suo senso più positivo, l’indipendenza, hanno dato vita a tutte le tradizioni più sentite dagli spagnoli come la corrida e il flamenco. Dal 16 novembre 2010 questa danza è entrata a far parte ufficialmente delle arti universali. L’Unesco infatti l’ha inserita nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. La notte, sottili vapori salgono dalla terra come un fumo a velare l’eccessivo splendore delle stelle nel cielo di Cordoba nella città più araba di Occidente. Qui non ti perdi: le vie accaldate, percorse nei secoli scorsi dai più importanti letterati e filosofi andalusi, come il sommo Seneca, sono quelle che tagliano il centro da sud a nord, fino ai giardini Colòn: qui non vi è traccia di ombra. Le 1013 colonne visigote della Mezquita giocano a trasformarsi in tronchi d’albero e gli archi gialli e rossi creano un effetto di luci e forme ipnotiche. Costruita sulla precedente S.Vincente è una tra le più vaste moschee al mondo, la più importante e bella del nostro continente. Compatta come una fortezza, senza una vera e propria facciata principale, dal 1236 ha ricominciato ad essere una cattedrale. Di fronte, il Gualdaquivir sonnecchia tranquillo sotto l’antico ponte romano rifatto dai califfi e fa da specchio ai grandi mulini arabi. Cordoba (o Cordova) nonostante siano passati tanti secoli da allora, conserva il fascino incantato della città più araba dell’Andalusia che si rivela nei tratti somatici della sua gente ma anche nelle case dai cortili con le belle fontane e negli speziati cibi che offrono le trattorie locali. Chi si azzarderebbe mai a parlare di particolarismi, di purezza della razza o di fanatismi nazionalistici in una terra che si è formata in un crogiolo di culture? Da questa filosofia profondamente orientale, che affonda le radici nelle tradizioni culturali ebree, arabe e gitane. E’ facile rimanere confusi davanti a paesini o angoli delle maggiori città della regione che sembrano uscire da una cartolina d’Oriente. Tuttavia la loro sostanza è romana. L’Andalusia è un compendio di tutte le culture. Una visione unilaterale e di parte sarebbe ingiustamente riduttiva. Nella contraddizione dello stesso paesaggio abitano più di 7 milioni di abitanti distribuiti nei più diversi ambienti naturali. Una gran parte vive nelle città, le 8 capitali di provincia: Almeria, Cadice, Cordoba, Granada, Huelva, Jaen, Malaga,Siviglia, e Jerez de la Frontiera; un’altra parte della popolazione in paesi di media grandezza ed anche in piccoli paesi di montagna, in fattorie e in cascine solitarie. I paesaggi andalusi sono spesso caratterizzati dalla presenza dei “villaggi bianchi” con antichi quartieri e le strade incorniciate da case con i cancelli in ferro battuto. Sembra impossibile ma il termine che immediatamente sale alle labbra quando si visita questa antica terra è: “bella”! Senza tante riflessioni, perché la bellezza ha un vantaggio sulle speculazioni filosofiche, è inoppugnabile. E questo popolo, sofferente per tante ragioni ha “raccontato”, “dipinto”, “creato” l’Andalusia con una passione sublime e fremente, come un funambolo che sa camminare sopra il dolore, creando simboli universali.

Together with Elisabetta today we move to Andalusia, more than a country a “passion”